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NON PER FARE POLEMICA…

E’ apparsa in questi giorni sui muri di Treviglio (nella “bassa” provincia di Bergamo) una pubblicità della scuola dell’ENFAPI (un centro di formazione professionale legato alla Confindustria e finanziato dalla regione) che mette a confronto il futuro di un operaio specializzato con quello di un laureato, dando al primo ottime prospettive ed al secondo triste disoccupazione.

La scuola vende la sua merce.

La Confindustria fa il suo mestiere.

Ma che si ponga agli occhi di un adolescente una scelta tra un percorso “blu o verde”, tra studio faticoso e disprezzato o veloce e semplice accesso al mondo del lavoro con prospettive rosee è un colpo meschino alla cultura ed una parziale mistificazione della realtà, specie in un periodo in cui nella zona decine e decine di piccole aziende stanno navigando in acque a dir poco burrascose.

E’ il paragone che vien fatto sul manifesto che è fortemente disprezzabile.

In una provincia dove già per “forma genetica” c’è una netta propensione all’abbandono degli studi superiori in favore di un lavoro operaio, magari sottopagato, ma molto appetibile per un quindicenne, il denigrare una formazione universitaria ( senza peraltro tener conto delle prospettive che offrono alcune facoltà rispetto ad altre) vuol dire imporre una scelta non offrirla.

E questo è disonesto nei confronti dei ragazzi.

Per anni ho girato per le scuole medie inferiori per presentare l’Istruzione Tecnica. Ho sempre chiarito che era un percorso a doppia uscita: mondo del lavoro o università. Una scelta “per la vita” rinviata di qualche anno, quando le inclinazioni fossero state più chiare.

Molti degli studenti iscritti, dopo il diploma quinquennale, hanno continuato il percorso, anche se erano entrati con l’idea di andare a lavorare prima.

Altri in difficoltà, o per necessità familiare, sono passati dall’istruzione tecnica alla professionale (qualifica dopo tre anni esattamente come all’ENFAPI) presente nello stesso complesso scolastico.

Ma tutti son partiti con la consapevolezza che lo studio è un valore per la persona, che la cultura permette di comprendere il proprio ruolo sociale.

Non so se ora sia ancora così. Forse il ruolo sociale attualmente è legato ad un bel culetto o ad un fisico palestrato.

E dietro agli occhi … niente. 

Forse dipende dalla flessibilità morale, dall’attitudine all’intrallazzo…

No! Io non ci sto! Io conosco tanti giovani (miei ex allievi) che sono colti e soddisfatti del loro lavoro. Giovani che sanno scegliere nella vita. Giovani che possono svolgere qualunque attività dalla più umile alla più qualificata con la coscienza di se e delle loro capacità.

Dalla biondina alta come un soldo di cacio laureata in chimica, all’ing. informatico che scrive racconti di fantascienza, al perito chimico che si è laureato in Storia, a tanti altri  che hanno segnato la mia vita, più di quanto io abbia segnato la loro, e che ora lavorano con appagamento, viene l’esempio di come se pur  sia difficile scegliere la strada tutta in salita dello studio, il risultato non è così deprimente come prospettato dal manifesto.

Forse se avessero visto quella pubblicità oggi sarebbero altre persone… Più felici? Non credo.

 

NON PER FARE POLEMICA…ultima modifica: 2010-10-19T18:32:00+02:00da
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