Un’altra supposta pubblicizzata in tv.
Dopo quella effervescente, (che forse deve l’effetto al solletico che innesta una risata intestinale,) ora appare una bionda sensuale che dice di chiamarsi “Eva-qu” con l’effetto immediato di mandarti a cag…!!!
Il collegamento tra il nome femminile e le funzioni intestinali lo reputo offensivo, e per di più è lesivo della dignità di chi si chiama Eva. L’ironia a cui è destinata chi ha quel nome non è difficile da immaginare.
Ormai il limite della decenza è stato più che superato!
Il termine evacuazione, avendo un doppio significato, si presta ad equivoci decisamente divertenti. Durante gli anni della mia carriera ho dovuto presentare agli allievi il “piano di evacuazione” previsto per i casi di pericolo (incendio, terremoto, ecc.) e se viene letto nel senso di “fuga ordinata” è normale, ma se si ha in mente l’altro significato… Non sono mai riuscita a smettere di riderne con gli allievi, inizialmente disorientati, quando informati del “mio pensiero”.
La volgarità è diventata ormai normale, talmente normale che spesso mi trovo a pensare di essere io in difetto.
Quand’ero piccola (oddio si fa per dire..) l’immagine della signora nella fontana di Trevi sui manifesti del film “La dolce vita” era, a detta di mio padre, poco adatta a delle signorine “per bene”.
Oggi per essere “per bene” devi “darla via” alla persona giusta fregandotene se si viene a sapere… anzi.
Orrore per orrore ho letto (o sentito..) un’intervista ad un adolescente maschio che si dichiarava in difficoltà per l’offerta esplicita delle ragazzine di fare sesso, e le stesse dichiaravano che “se non ti sei fatta “stappare” sei una sfigata”.
Si, stappare, come una bottiglia di birra!
Ho raccolto da terra la mandibola ed il cuore… ma che fine hanno fatto i sentimenti?
Il rispetto per se stessi e per gli altri, l’amore vero fatto di tenerezza e di dedizione, la timidezza ed il pudore per l’intimità che rendono ogni rapporto speciale non hanno più spazio in questa società dell’apparenza?
Per non parlare del dilagare dell’arroganza e del disprezzo, specie quello che la classe dirigente mostra per la gente.
Leggo frasi di scherno nei confronti di chi manifesta il proprio disagio sociale.
Leggo e sento ignobili confutazioni in merito a fatti evidenti.
Assisto a risse furiose nei talk show, (ottima scuola per i giovani che poi si convincono sia loro diritto il contestare anche l’acqua calda,) nelle quali il rispetto e la cortesia sono morte e sotterrate e la normale dialettica è sostituita dal polemizzare “a priori” e demandare la vittoria a chi sovrasta con il tono di voce e non all’argomentare corretto.
Ma il massimo della crudeltà della classe politica (a tutti i livelli) è nell’illusione che elargiscono largamente a chi sta affogando nella povertà.
Una somma sbandierata come risolutoria in busta paga, a qualcuno si e ad altri no, forse per un mese, forse per sempre, ma intanto serve a coprire la spregiudicatezza morale di chi parla, visto che è solo un’operazione “pro domo sua”.
Infatti il problema è che ci deve essere una busta paga, e che il limite per averne diritto è talmente basso che molti lo superano, ma intanto il “comune mortale” viene illuso e non si accorge che hanno aumentato qualche tassa qui e qualche lì per compensare l’elargizione, mentre, alla faccia dell’equità, i loro stipendi d’oro (di chiunque sia su di uno scranno o una poltrona) non subiscono decurtazione alcuna. Ed anche le tasse sui patrimoni di rilievo, o sulle eredità superiori ad un milione di euro (cioè quelle d’ogni impiegato o operaio!) non si toccano.
Il top della vomitevole spregiudicatezza è però nell’incentivazione al gioco d’azzardo, sia esso lotto o gratta e vinci o quella lotteria che promuove il sogno di vincere una casa giocando 5 numeri su 40, per il quale la probabilità che escano tutti e cinque talmente piccola da essere insignificante, (1 su 658.008) cioè vinci solo per la classica “botta di c…” e per rispetto della statistica dei grandi numeri (tutti quelli che ci cascano).
Ma un sogno vale più di un litro di latte ed una pagnotta.
Il tutto perché il gioco d’azzardo contribuisce alle entrate tributarie con una media di 9,2 miliardi l’anno e quindi quel sogno serve ai “ladri di stato” per far cassa.
Poi la frase finale degli spot pronunciata in velocità “il gioco è vietato ai minori e può dare dipendenza” e il più vile esonero di responsabilità che quei sepolcri imbiancati possano esprimere (anche se fatto per ottemperare ad una norma legislativa).
Naturalmente dell’aumento dell’aliquota di tassazione dei proventi del gioco non si parla neppure per scherzo, perché quelli vanno agli amici.
Gente sfacciata, ignorante, arrogante e crudele
Son passati più di cent’anni… eppure pare mo’!!!
Trilussa novembre 1910
ER DISCORSO DE LA CORONA
V’era una vorta un Rè così a la mano
ch’annava sempre a piedi come un omo,
senza fanfare, senza maggiordomo,
senza ajutante…; insomma era un Sovrano
che quanno se mischiava fra la gente
pareva quasi che nun fosse gnente.
A la Reggia era uguale: immagginate
che nun dava mai feste, e certe vorte
ch’era obbrigato a da’ li pranzi a Corte
je faceva li gnocchi de patate,
perché — pensava — la democrazzia
se basa tutta su l’economia.
— Lei me pare ch’è un Rè troppo a la bona :
— je diceva spessissimo er Ministro —
e così nun pò annà, cambi reggistro,
se ricordi che porta la Corona,
e er popolo je passa li bajocchi
perché je dia la porvere nell’occhi.
Ma lui nun ce badava: era sincero,
diceva pane ar pane e vino ar vino;
scocciato d’esse er primo cittadino
finiva pe’ regnà soprappensiero,
e in certi casi succedeva spesso
che se strillava « abbasso » da lui stesso.
Un giorno che s’apriva er Parlamento
dovette fa’ un discorso, ma nun lesse
la solita filara de promesse
che se ne vanno come fumo ar vento:
— ‘Sta vorta tanto — disse — nun so’ io
se nu’ je la spiattello a modo mio! —
E cominciò: — Signori deputati!
Credo che su per giù sarete tutti
mezzi somari e mezzi farabbutti
come quell’antri che ce so’ già stati,
ma ormai ce séte e basta la parola,
la volontà der popolo è una sola!
Conosco bene le vijaccherie .
ch’avete fatto per ave ‘sto posto,
e tutte quel’idee che v’hanno imposto
le banche, le parrocchie e l’osterie…
Ma ormai ce séte, ho detto, e bene o male
rispecchiate er pensiero nazzionale.
Dunque forza a la machina! Er Governo
è pronto a fa’ qualunque umijazzione
purché je date la soddisfazzione
de fallo resta su tutto l’inverno;
poi verrà chi vorrà: tanto er Paese
se ne strafotte e vive su le spese.
Pe’ conto mio nun vojo che un piacere:
che me lassate in pace; in quanto ar resto
fate quer che ve pare: nun protesto,
conosco troppo bene er mi’ mestiere;
io regno e nun governo e co’ ‘sta scusa
fo li decreti e resto a bocca chiusa.
Io servo a inaugura li monumenti
e a corre su li Ioghi der disastro;
ma nun me vojo mette ne l’incastro!
fra tutti ‘sti partiti intransiggenti :
anzi j’ho detto: Chiacchierate puro,
che più ve fo parla più sto sicuro.
Defatti la Repubbrica s’addorme
davanti a li ritratti de Mazzini,
er Socialismo cerca li quatrini,
sconta cambiali e studia le riforme,
e quello de la barca de San Pietro
nun sa se rema avanti o rema addietro. —-
A sto punto er Sovrano arzò la testa
e vidde che nun c’era più nessuno
perché li deputati, uno per uno,
èreno usciti in segno de protesta.
— Benone! — disse — Vedo finarmente
un Parlamento onesto e inteliggente!